MULTIPLI DI ZERO

Pubblicato il da stefy.stefy

MULTIPLI DI ZERO

Lei, che sosteneva "di me gli interessa il mio interesse per lui", diceva anche "perchè sono incapace di avere una relazione con un uomo, ho nessun rapporto con più uomini".

Aveva un amico per andare al cinema con cui era o in sincrono accordo sugli stessi aspetti del film o in perfetto disaccordo su ogni frase, ogni scelta di inquadratura, scena e ritmicità della pellicola; ma era sempre bello, comunque, perchè era o esaltante o costruttivamente confrontante. Avevano pure un cinema preferito e se, non fosse stato per la pigrizia, si sarebbero trovati allineati anche su quello. Tiravano fuori le migliori versioni di loro, nella critica costruttiva di un sano confronto non sporcato da alcuna rivalità o rancore represso. Il compagno ideale per condividere una serata al cinema.

Aveva un amico per avere pareri diversi dal suo, a cui raccontare del lavoro e avere la giusta versione riproporzionata e razionale di una visione esterna non contaminata dall’emotività; con cui cucinare per il piacere di assaporare e sperimentare bene e anche male, per il solo piacere di una sana compagnia condivisa di chiacchere ascoltate, esperienze scambiate e pareri espressi e riflessi; con cui confrontarsi sulle reazioni nelle relazioni, sui come e sui perché. Emergeva il meglio della loro spontanea leggerezza, libera da giudizi imposti o mediati da carichi trascinati. Il compagno ideale per condividere chiacchere e vino e cibo e serate lunghe ore che sembrano minuti.

Aveva un amico con cui andava a ballare, perché è bello essere accompagnati e almeno una tanda sei sicura di farla. Con lui erano risate, intesa nel ballo, un corso qualche volta, i passi provati e la compagnia di altri come loro. Le migliori versioni di loro in adrenalina, buonumore e resistenza, perché non c’era traccia di gelosia o immaginari proiettati. Il compagno ideale per ascoltare abbracciare e connettersi.

Aveva un amico da portare a quegli eventi cui bisogna essere accompagnati. Ed erano il meglio della loro socialità, libera da gelosie bramose e ingiustificati possessivismi. Era il compagno ideale per la socialità.

Aveva un collega, il suo preferito, con cui passare la sua pausa pranzo, che ordinava per lei, perché ormai ricordava il suo gusto; a cui chiedeva e che sempre sapeva la risposta; che conosceva i migliori ristoranti di Milano, ma era campano; che sceglieva sempre il vino e non ammetteva che qualcuno lo facesse per lui, ma che la faceva sentire sicura. La migliore lei che si ritrovava a seguire, a farsi portare, con piacevole avvolgenza e senza che le risultasse stucchevolmente forzato o artificiosamente concesso per competizione di ristabilire un equilibrio non necessario. Era il perfetto compagno cui abbandonarsi senza fatica.

Aveva poi un amico con cui interagiva fisicamente, per un momento di massima libertà mentale che lasciasse lo spazio all’appagamento fisico. Era la libertà di quel momento, perché era solo quello, libero da ogni pensiero riportato, dalla routine che non esisteva, dal rapporto che non c’era, da domande che non si ponevano, per il solo piacere di condividere ciò che volevano, quando volevano, se lo volevano e perché veramente lo volevano. Era il compagno ideale per esprimere una fisicità necessaria e desiderata, non appesantita da nulla di più, neanche da un’attrazione altra, oltre quella fisica.

Aveva nessun rapporto con molti uomini e una relazione con nessun uomo, solo per evitare la contaminazione.

Nella vana speranza di poter trarre il meglio da ogni momento arginandolo dagli altri, perdeva l’infinta bellezza appagante dell’imperfetta interezza contaminante, che completa le parti tutte quando le unisce, rendendo superlativo il meglio, per confronto con il peggio.

Perché ogni cosa, nel suo opposto, trova la forza per brillare.

 

C’erano due cocktail, uno colorato poco alcolico, nell'elegante bicchiere da Martini; l'altro del non colore dell'acqua attraverso il quale si vedeva lo zucchero di canna e il verde delle foglie, in un bicchiere di quelli oldfashion, tipo barattolo e con loro due deliziose lei, che nell'ora dopo l'ufficio di un giovedì, rubando il tempo alle incombenze della casa e dei congiunti, dedicavano chiacchiere annaffiate, a loro stesse e lenti di ingrandimento per mettere a fuoco.

Lei e Lei si parlavano e, come spesso, si sovrapponevano nella voglia di dare la propria versione e la personale opinione.

Una lei, saggiamente prendendo coscienza di una situazione: Lui non è interessato a me, ma al mio interesse per lui. 

Una raffinata analisi ammetteva l'altra Lei.

Parlavano di un niente che a tratti faceva finta di essere qualcosa

E poi, emotivamente intelligente, l'altra lei aggiungeva: Hai troppi uomini non ti sto più dietro. Di fatto non ne aveva nessuno.

 

Con tag racconti

Per essere informato degli ultimi articoli, iscriviti:
Commenta il post