LA RICETTA PERFETTA
Si era svegliata alle 7, ma erano le 6. Si era girata dall’altra parte e si era alzata solo alle 9, ma erano le 8.
Aveva fame e così, dopo avere tirato fuori dal frigo burro e uova per lasciarli a temperatura ambiente per circa un’ora prima di lavorarli, aveva mangiato i cereali, ma con il pensiero di preparare dei muffin, che si sa si mangiano per colazione, ma li avrebbero mangiati a fine pranzo o il giorno dopo.
Aveva una ricetta e, questa volta, l’avrebbe seguita pedissequamente, senza lasciarsi tentare da nessuna sostituzione di ingrediente e nessuna aggiunta o omissione. Perché lei non era capace di fare i dolci, per la buona riuscita dei quali, quantità e ingredienti sono fondamentali: sostituire o aggiungere non arricchisce, disequilibra l’armonia dei gusti, la consistenza dell’impasto, la capacità di crescere o di sofficiarsi della pasta.
Chissà se cuciniamo come viviamo, chissà se cuciniamo seguendo la nostra indole. Pensava, grossolanamente, che ci sono persone (uomini e donne, il sesso è ininfluente, anche se è più delle donne e dai 30 anni in su. Google, mi ha detto la stessa cosa quando gli ho chiesto di quella rara patologia, non particolarmente grave, di cui avevo letto il nome sulla pagina di una mia amica di Facebook).
Beh, ci sono persone, cioè, che amano sapere che le cose:
rispettino un certo ritmo o tempo (per esempio il burro deve stare fuori dal frigo 1h prima di essere lavorato con lo zucchero, affinché si ammorbidisca e possa essere facilmente amalgamato o che l’impasto riposi o cresca;
abbiano un certo limite (per esempio che le dosi di ogni ingrediente siano proprio quelle, perché si crei il giusto equilibrio, che la gradazione del forno per la cottura arrivi a quella temperatura per la giusta crescita e l’omogena preparazione.
rispettino un certo processo (che gli ingredienti, per esempio vengano mescolati in un certo ordine, che assumano una certa consistenza, che si usino i corretti mezzi
e queste persone sono la sicurezza, un punto di riferimento, perché il risultato, alla fine, è proprio quello, buono, perfetto, già sperimentato e sicuro.
Poi ci sono le persone che i dolci non riescono proprio a farli, perché mischiano, non seguono le indicazioni, magari aggiungono ingredienti, perché nel frigo ne è rimasto un po' e secondo me questo ci starebbe bene e cosi non lo butto, o non hanno la pazienza di attendere il tempo giusto di lievitazione o che il forno si scaldi alla temperatura prevista. E i dolci di queste persone, mai, hanno lo stesso gusto, mai sono gli stessi, spesso non sono buoni o sono troppo cresciuti o poco soffici, manca qualcosa o c’è la predominanza di un ingrediente sull’altro. E cosi, con queste persone, stessa ricetta, ma diverso gusto.
Eppure sintetizzano correttamente, eppure schematizzano mentalmente, eppure sanno ordinare, ma, secondo un loro schema, secondo un loro intendimento, secondo una loro visione, a tratti deviante.
Sarebbe stato sufficiente seguire il procedimento cosi come descritto e comunque Difficoltà: Facile.
Tira fuori dal frigo burro e uova (2) perché dovevano arrivare a temperatura ambiente (almeno 1h fuori).
Prima deviazione sul tema: 12 muffin sono troppi, ne voleva fare 6, sarebbe bastato smezzare le quantità di tutto.
Seconda deviazione sul tema: non poteva mica aspettare un’ora: il burro pesato, ma alla metà, messo sul calorifero ad ammorbidirsi.
Uova: 1 delle due rimesse nel frigo, quantità smezzata facile
Terza deviazione sul tema: Prima burro e zucchero, ok, poi i baccelli di vaniglia, ma questi non li aveva, sostituiti con semi di papavero, neri e puntiformi, come i baccelli di vaniglia. Quindi magari l aroma no, ma i puntini nell’impasto si.
Quarta deviazione sul tema: latte sostituito con yoghurt, bianco. Aveva deciso che anche lo yoghurt sarebbe andato bene e ne aveva un mezzo barattolo in frigo, che, se non avesse utilizzato da lì al giorno dopo, avrebbe dovuto buttare. Quantità: quella rimasta nel barattolo nel frigo.
Quinta deviazione sul tema: aggiunta comunque di latte in una quantità q.b. per poter rendere più morbido l’impasto integrato della farina, a metà, che non era però una metà proprio precisa, perché i 2,5 grammi del 5 finale della quantità, non era riuscita a calcolare.
Il resto tutto aderente alla ricetta (aveva cioè aggiunto il lievito, un pizzico di bicarbonato e un pizzico di sale).
Pensava che avrebbe dovuto smettere di pesare gli ingredienti per differenza sulla quantità totale che aveva e iniziare a pesarli in un contenitore, nella quantità che gli servivano. Cioè chissà se anche gli altri prendono la scatola dello zucchero, la pesano e tentano di arrivare alla quantità che deve rimanere dopo averne tolto la quantità che serve, direttamente aggiunta all’impasto, ma con il rischio di metterne di più o di meno, poco di meno, ma sempre di meno. Era come continuare a pensare arrotolato, quando si può pensare lineare, è come continuare a raggiungere un limite avvicinandosi pericolosamente di più, ma senza superarlo. Era così. E lei pesava così.
Il forno, il forno si era dimenticata di accenderlo e farlo scaldare ed era chiaramente detto che la buona riuscita della cottura dipendeva dalla temperatura del forno. Aveva acceso il forno al massimo, ma sapeva che non avrebbe aspettato che arrivasse a temperatura. Aveva riempito i rotondi della teglia, proprio quella da muffin e li aveva infornati. Il forno era caldo, ma non alla giusta gradazione.
E poi ci sarebbe stata la parte più bella, quando l’impasto cuoce e cresce, o no; si colora, o rimane bianchiccio; lievita armoniosamente, o da un lato di più; aromatizza o brucia.
Non aveva misurato il tempo di cottura alla temperatura giusta, perché tanto sapeva che le sue funzioni avevano molte più variabili del tempo e della temperatura (l’altezza della teglia nel forno, per esempio o, l’ardore e la forza con cui l’impasto era stato mischiato, che ne aveva dato la consistenza) e, ad occhio aveva spento quando le erano sembrati pronti.
Profumavano, bruniti il giusto e cresciuti sopra e un po’ costretti sotto (come i seni delle dame del ‘800, che vestivano il corsetto).
Deviando sul tema, disorientando la consistenza, cambiando gli ingredienti, variando il processo ad un risultato era arrivata, ma si chiedeva se mai avrebbe trovato un dolce disposto ad accettare che anche la combinazione scomposta degli ingredienti guidi alla giusta perfezione del gusto finale, semplice, delizioso ed equilibrato.
Il suo dolce preferito era la torta di mele, fatta di poche cose semplici e poco lavorate, delicata da mangiare, equilibratamente morbida e gustosa. Perché lei amava le cose semplici e lineari, anche se lei era ondulatamene arzigogolata e senza bordi delimitati e cercava la sua ricetta perfetta, la ricetta perfetta per lei.